Ciò che ha cambiato profondamente il nostro rapporto col cibo e con la necessità di sfamarci nel corso della storia è stata la scoperta del fuoco. Da quel momento le nostre abitudini alimentari hanno preso una direzione così peculiare che per tanti studiosi è questo il vero punto di partenza della società umana in una forma che via via prenderà le sembianze di quella che conosciamo oggi.
A partire dal Neolitico, gli esseri umani praticano l’agricoltura: il cambiamento è epocale perché da cacciatori-raccoglitori si trasformano in agricoltori e coltivatori, diventando sedentari. Addomesticano i primi animali, scoprono nuove tecniche agricole, coltivano cereali e legumi, utilizzano il latte per alimentarsi, insomma pongono le basi per una nutrizione più organizzata e sistematica.
Per via della sedentarietà, gli uomini neolitici cambiano anche il proprio stile di vita: non più costretti a spostarsi da un territorio all’altro, si radunano in piccoli villaggi che poi diventeranno vere e proprie città, finendo per organizzarsi inevitabilmente in strati sociali. È proprio il cibo a rappresentare l’elemento distintivo: chi ne possiede di più è automaticamente ricco e ben visto ed è attorno alle sue mani che inizia a concentrarsi il potere politico.
Nel periodo in cui nascono le focacce (ottenute da un impasto di cereali cotto sul fuoco) e si scopre la bollitura per cuocere zuppe a base di carne e verdure, la società umana trova la sua naturale forma di organizzazione attorno alla produzione sistematica del cibo. Anche possedere gli animali contribuisce a migliorare lo status sociale degli individui o delle famiglie.
L’agricoltura permette di produrre più raccolto del fabbisogno della comunità; l’eccedenza viene conservata presso dei magazzini gestiti dal capo politico del villaggio, il quale detiene il potere di sfamare o affamare il popolo. È un cambiamento drastico per una comunità che solo qualche secolo prima era organizzata in piccoli gruppi formati da individui imparentati tra loro e tutti corresponsabili, ciascuno con i propri compiti, delle attività di caccia e raccolta. Se c’era un capo, era la persona più affidabile ed esperta del clan.
Quello che accade nei villaggi neolitici non ha precedenti: la struttura stessa della società inizia a cementificarsi attorno al potere e alla ricchezza includendovi tutti gli aspetti simbolici del tempo: la possessione pratica e oggettiva dei beni più importanti, ossia cibo e bestiame, e la rappresentanza terrena degli dei.
Così assistiamo a un uso sempre più sistematico di questi simboli come strumenti di assoggettamento: i balli tribali per propiziare un buon raccolto uniscono ora il popolo sotto un unico pantheon di divinità (ciò che chiameremo religione), i banchetti diventano il pretesto per creare una evidente cesura tra ricchi e poveri, questi ultimi sempre più emarginati e costretti ai lavori più duri.